Castro, l’antica città perduta, sepolta nel bosco

Le rovine di Castro
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Nella Maremma laziale, in prossimità del confine tra Lazio e Toscana, si trovano le rovine di un’antica città, rasa al suolo nel 1649: Castro. Per visitarle bisogna addentrarsi in un fitto bosco che nasconde ai suoi piedi le fondamenta e i resti di quella che, dal 1537, fu la capitale del Ducato di Castro.

Ci troviamo nel territorio del comune di Ischia di Castro, in provincia di Viterbo, nei pressi della Riserva Naturale di Selva del Lamone e del misterioso Sentiero dei Briganti. Una zona particolarmente suggestiva per le sue bellezze paesaggistiche, e, allo stesso tempo, ricca di storia. Siamo infatti in terra etrusca, sopra un costone di tufo dalle pareti scoscese, tra il fiume Olpeta, affluente del Fiora, ed il fosso del Filonica, in un sito popolato fin dall’epoca preistorica. Nelle località di Chiusa del Vescovo e dell’Infernaccio, nei pressi delle rovine di Castro, sono state infatti ritrovate tracce della presenza dell’uomo preistorico: alcune asce di silice rinvenute lungo le rive del fiume Fiora ne sono un esempio.

Con il fiorire della civiltà etrusca, in questo territorio sorsero numerosi insediamenti urbani, più o meno importanti, come testimonia il ritrovamento di numerose necropoli nelle campagne vicine, nonché alla base del costone dove sorse Castro. Molti studiosi affermano che in questo luogo si trovava la celebre città etrusca di Statonia, citata da numerosi autori latini. Se non fu Statonia, di cui non si sono mai trovate tracce, si trattò sicuramente di una altrettanto importante città etrusca, situata sull’asse viario di collegamento tra Vulci e Chiusi. Sorta nell’VIII secolo a.C., attraversò il suo momento di massimo fulgore economico nella seconda metà del VII secolo a.C. Sarebbe poi entrata in un periodo di decadenza, scampando alla conquista romana del territorio di Vulci nel 280 a.C.

In epoca medievale, sul già citato costone tufaceo, venne poi edificato un castello a scopi difensivi: il villaggio che si formò intorno al maniero assunse il nome di Castrum Felicitatis, dal nome della nobildonna Madonna Felicità, che, secondo la tradizione, lo avrebbe governato alle origini. Dopo la distruzione della vicina Vulci, il castello divenne sede della diocesi, e nel 1154, Castro venne acquistata da Papa Adriano IV.

Nei secoli successivi, anche raggiungendo una certa importanza e autonomia comunale, il piccolo borgo rimase sempre sotto la protezione del papato che la difendeva dalle mire espansionistiche dei feudi circostanti.

Castro, capitale rinascimentale del Ducato di Castro

La nuova Castro rinascimentale
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Nel 1527, il comune di Castro venne assaltato e saccheggiato da alcuni mercenari del Duca della vicina Latera, Gian Galeazzo Farnese. Come scrive Domenico Angeli, un notaio castrense, nel 1575,

[…] Castro prima del saccheggio era una città ricca, munita di più di sette centurie di soldati ed era la più forte tra le città del Patrimonio di San Pietro

Nel 1534 salì al pontificato il Cardinale Alessandro Farnese con il nome di Paolo III. Appena 3 anni dopo, il nuovo Papa decise di unificare una trentina di feudi nelle mani dei Farnese, creando il Ducato di Castro, che si estendeva dal lago di Bolsena al mar Tirreno. Alla sua guida pose il figlio Pier Luigi Farnese, già Duca di Valentano. Nonostante i danni subiti dieci anni prima, Castro venne scelta per essere la capitale del nuovo Ducato, grazie alla sua posizione centrale.

Nel suo nuovo ruolo di capitale, Castro doveva essere rimodernata e abbellita per diventare il simbolo del potere e del prestigio dei Farnese. Così, come avvenne in molte altre città in questo periodo, anche Castro doveva essere ricostruita secondo gli ideali rinascimentali ispirati alla classicità, all’equilibrio e all’armonia. Pier Luigi Farnese incaricò quindi Antonio da Sangallo il Giovane di progettare la nuova Castro: dalle mura di cinta, alle strade, dai palazzi del potere, alle chiese, dai palazzi nobiliari alle case più modeste, la ricostruzione originò una città ideale, perfetto esempio di arte e architettura rinascimentali.

Il nucleo della nuova Castro rinascimentale era la bellissima Piazza Maggiore, un ampio spazio rettangolare di 65 x 20 metri. Era delimitata dal sontuoso Palazzo della Zecca (qui addirittura si coniavano monete!), dell’ Hostaria, una struttura ricettiva per accogliere gli ospiti del Duca, dal Palazzo Ducale o residenza del Duca, e dai palazzi gentilizi più importanti. Al centro della piazza, una fontana, punto di fuga centrale di tutta la composizione. Nella piccola cittadina vennero costruite tredici chiese: il Duomo dedicato a San Savino, sede della Diocesi, era in stile romanico. Si edificarono anche un ospedale e un ospizio per assistere le vedove e gli orfani.

Un pozzo profondo, con scale a chiocciola, costruito nei pressi della chiesa di Santa Lucia risolveva il problema della mancanza d’acqua; le strade e le piazze lastricate, invece, erano dotate di un sistema fognario all’avanguardia per quei tempi. Sangallo il Giovane progettò anche le mura difensive e la porta di accesso alla città, ad arco trionfale, Porta Lamberta, dove erano raffigurate le gesta della famiglia Farnese.

La bellezza di questa piccola cittadina, descritta da molti visitatori, era però destinata a scomparire circa un secolo dopo la sua ricostruzione. Tra il 1641 e il 1644, infatti, Castro venne occupata dalle truppe pontificie di Urbano VIII, della famiglia Barberini. Questi, infatti, nel 1623, aveva iniziato un duro scontro con i Farnese per il mancato pagamento di ingenti debiti accumulati con lo Stato Pontificio. La proposta della cessione di Castro al Papa per sanare il debito non venne accettata dal Duca di Castro, scatenando lo scoppio della prima Guerra di Castro, nel 1641. L’intervento di altre città della penisola a favore dei Farnese, e, successivamente, l’intermediazione francese portarono, nel 1644, alla restituzione della cittadina agli antichi proprietari, lasciando però insoluta la questione dei debiti.

Nel 1649 scoppiò una nuova crisi tra i signori del Ducato di Castro e il Papato, rappresentato da Papa Innocenzo X della famiglia Pamphili, con cui i Farnese avevano contratto debiti. Il Duca Ranuccio Farnese si era infatti opposto alla nomina del nuovo vescovo di Castro. Il vescovo venne ucciso durante il suo viaggio verso Castro e Ranuccio Farnese fu accusato di essere il mandante dell’omicidio. Furioso, il Papa inviò le truppe pontificie a Castro con l’ordine di invadere nuovamente la roccaforte dei Farnese. Il 2 settembre la città, occupata, capitolò. A questo punto, però, pochi giorni dopo, il Papa ordinò la distruzione totale della capitale del Ducato di Castro, e la deportazione dei suoi abitanti. Una punizione che fa ricordare la distruzione di Cartagine da parte dei Romani. Rasa al suolo, le truppe lasciarono in loco una lapide con la scritta “Qui fu Castro“.

Castro oggi: il Parco Archeologico Antica Castro

Castro, progetto dell’Hostaria e ciò che rimane oggi
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Dell’antica città rinascimentale di Castro oggi rimangono pochi ruderi. Nascoste dalla vegetazione che, da secoli, è tornata a impadronirsi del luogo, le rovine dell’antica capitale del Ducato di Castro giacciono sepolte in un fitto sottobosco che accentua il mistero di questa città perduta. Così, tra rovi, rami e radici di alberi secolari si cammina tra pietre e elementi architettonici di ogni tipo, congelati nel tempo sotto una coltre verde.

Grazie all’inaugurazione del Parco Archeologico Antica Castro, avvenuta il 1 agosto 2017, a seguito di un’intesa tra Soprintendenza, Comune di Ischia di Castro e Fondazione Vulci, infatti, sono stati riportati alla luce, oltre che restaurati, molti ruderi della città di Castro, oggi fruibili attraverso un percorso munito di segnaletica, che attraversa l’antica capitale rinascimentale.

Riemergono così:

  • il lastricato di Piazza Maggiore, caratterizzato da laterizi disposti a spina di pesce;
  • i ruderi dei suoi palazzi circostanti, primi fra tutti quelli della Zecca;
  • le rovine del convento di San Francesco e della chiesa omonima;
  • i ruderi del Duomo, relativi al braccio del transetto, ancora riconoscibile, con resti di affreschi parietali ai lati di un’edicola;

e poi tutto intorno le numerose cave aperte in epoca etrusca.

Ma chissà quante altri misteri sono nascosti sotto il mantello verde che da quasi quattro secoli custodisce i segreti di questa antica città perduta. La sua storia, oltre che da alcuni testi, è tramandata oralmente dalle memorie contadine di qualche abitante di questi luoghi. Vi auguriamo di imbattervi in qualcuno di loro, mentre passeggerete per le antiche strade di Castro.