
A circa tre chilometri dal centro di Palombara Sabina esiste un tesoro, nascosto nel verde delle colline sabine. È l’Abbazia di San Giovanni in Argentella.
Il suo antico campanile romanico in laterizio, alleggerito da tre ordini sovrapposti di finestre monofore, bifore e trifore, svetta tra gli alberi indicando da lontano la presenza di questo antico complesso religioso.
L’abbazia si erge alla fine di un sentiero tortuoso tra gli ulivi e i vigneti della campagna sabina, in un luogo caratterizzato da sempre dalla presenza di numerose sorgenti naturali che, fin dall’antichità, lo hanno reso sacro. Nell’antica cripta della chiesa fino agli anni Settanta sgorgava una sorgente, un tempo, ritenuta terapeutica e miracolosa, tanto che, in occasione della festa di San Giovanni, i devoti vi si bagnavano o ne bevevano l’acqua.
La presenza dell’acqua non ha conferito solo sacralità a questo luogo. Il luccichio delle sorgenti a valle e il riflesso argenteo dei numerosi rivoli che scendevano dalle colline circostanti deve avere ispirato anche la denominazione “in Argentella”, attribuita successivamente all’Abbazia.
Da oratorio bizantino a chiesa romanica: la storia dell’Abbazia di San Giovanni in Argentella

Le origini dell’Abbazia di San Giovanni in Argentella, di cui non si conosce la data di fondazione, rimangono avvolte nel mistero.
Si suppone che il primo edificio di culto, un oratorio bizantino del VI secolo, sia sorto sui resti di un’antica villa o di un luogo di culto romano risalente al II o al I sec. a.C., le cui fondamenta sono emerse durante gli scavi degli anni Settanta, al di sotto della navata centrale della chiesa attuale.
ll primo ampliamento dell’edificio dovrebbe rimontare all’VIII secolo, nonostante le prime fonti documentino la sua esistenza alla fine del X secolo, quando l’abbazia era già in mano ai monaci benedettini; l’edificio romanico risale all’XI-XII secolo. Il nuovo edificio, a tre navate conservò la cripta, il presbiterio, l’altare maggiore e il ciborio della struttura bizantina precedente.
Alla guida dei benedettini, l’Abbazia di San Giovanni in Argentella espanse i suoi possedimenti fondiari. Nel 1284 passò nelle mani dei Savelli, signori di Palombara, che nel 1286 la affidarono alla piccola comunità monastica dei Guglielmiti. A questi successero i Silvestrini.
Dal 1445, però, l’Abbazia venne abbandonata, entrando in declino. A nulla servì la presenza degli abati della famiglia Savelli cui venne affidata fino al 1659, così come quella degli abati che la guidarono successivamente.
Abbandonata per secoli, l’abbazia venne dichiarata Monumento Nazionale nel 1900 con Decreto Regio n. 293.
Dal 1963 ha ospitato alcuni membri della comunità laica Fraternità dei Santi Nicola e Sergio, che l’hanno custodita fino al 2020, quando la sua gestione è stata affidata direttamente alla Diocesi Sabina – Poggio Mirteto.
La Chiesa di San Giovanni in Argentella: il fascino del romanico

Dal 4 luglio del 2020, visitare questo tesoro di grande valore storico e architettonico, non è più così difficile, visto che ora la chiesa, l’ unico edificio superstite dell’antica abbazia, è aperta al pubblico durante il fine settimana. Sul retro della chiesa, adiacenti all’abside della navata destra, sono visibili le tracce degli edifici che componevano il convento – il chiostro e gli orti.
L’ingresso è preceduto da un avancorpo coevo alla chiesa, che forma una sorta di atrio voltato, nascondendo alla vista quella che un tempo era la facciata primitiva. Il corpo principale della chiesa, un imponente edificio romanico a pianta longitudinale, è formato da tre navate, ciascuna delle quali termina con un abside. Le navate sono separate da una serie di archi sorretti da due colonne e un pilastro per lato.
La navata sinistra, sopraelevata di qualche gradino, funziona come base della torre campanaria; da qui si scende alla cripta. La navata destra ospita la pergula marmorea di Centurius, l’artista che la realizzò: un bellissimo elemento architettonico in stile cosmatesco de XII secolo. Nella navata centrale, al centro della zona del presbiterio, emerge un bellissimo ciborio in stucco, a copertura dell’altare in muratura, sorretto da quattro colonnine di riuso. Un vero e proprio capolavoro in stile romanico del XII secolo.
All’interno della chiesa, in blocchi di tufo giallo e pietra calcarea, le varie epoche di costruzione si fondono in un ambiente omogeneo, dal gusto tipicamente romanico, dove elementi di epoche diverse convivono in un’atmosfera sospesa nel tempo:
- i capitelli ornati di foglie di lauro delle colonne delle tre navate, degli inizi del III secolo, coesistono con quelli in stile arabescato in stucco delle colonnine del ciborio, dell’ XI – XII secolo;
- gli affreschi superstiti di epoca bizantina e longobarda, come quello raffigurante San Bernardo di Chiaravalle, convivono con quelli dell’epoca dei Guglielmiti (XIV secolo), come il San Guglielmo
Lasciatevi affascinare da questo spazio unico, dove la luce mette in risalto ogni imperfezione; percorrete le sue navate per scoprirne i misteri; osservate i dettagli; lasciatevi stupire dalla sua semplicità e dalla sua straordinaria bellezza.